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Riina deve morire in carcere. Parla il padre del bambino sciolto nell’acido

“Deve morire in carcere”: sono state queste le parole di Santino Di Matteo. Il padre di Giuseppe, il bambino ucciso su ordine di Totò Riina, commenta così la possibilità di un differimento della pena per concedere al boss una “morte dignitosa”. Santino Di Matteo si è sfogato in un’intervista a Fanpage.È una cosa vergognosa – ha dichiarato – perché a prescindere da tutto, io ho perso un figlio”. Il piccolo Giuseppe fu sciolto nell’acido e questa sorte fu decisa proprio da Totò Riina come vendetta trasversale per il tradimento di Di Matteo. Il delitto fu eseguito invece da Giovanni Brusca, boss di San Giuseppe Jato, fedelissimo a Riina nonché esecutore materiale della strage di Capaci.

Di Matteo non ha usato giri di parole: “Dopo che uno ha fatto uccidere duemila persone… Io non avrei neanche parlato, avrei detto resti tutto chiuso”. Il primo collaboratore di giustizia di Capaci, nel sostenere che umanamente Riina debba essere curato, ha sottolineato che il boss dal carcere dovrà uscire solo quando avrà smesso di vivere.

Giuseppe Di Matteo: giustiziato per far tacere il padre

Giuseppe Di Matteo aveva quasi 13 anni quando fu rapito, il pomeriggio del 23 novembre 1993.  Venne preso in un maneggio di Altofonte da un gruppo di mafiosi dietro ordine di Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato. Come dichiarato da Gaspare Spatuzza che prese parte al rapimento, i sequestratori si erano travestiti da poliziotti della DIA per trarre in inganno il bambino. Giuseppe credeva infatti di poter rivedere il padre, che si trovava in un luogo protetto lontano dalla Sicilia. Il piccolo fu legato e chiuso nel bagagliaio di un furgoncino Fiat Fiorino, prima di essere consegnato ai suoi carcerieri.

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La famiglia cercò disperatamente notizie del figlio

Il 1º dicembre 1993 fu recapitato alla famiglia un biglietto con scritto “Tappaci la bocca”. Con esso, due foto del bambino che teneva in mano un quotidiano del 29 novembre 1993. Fu chiaro che il fine del rapimento era quello di spingere Di Matteo a ritrattare le dichiarazioni sulla strage di Capaci. Fu la madre del piccolo, Francesca Castellese, a denunciare la scomparsa del figlio il 14 dicembre 1993. La stessa sera venne recapitato un altro messaggio a casa del suocero. Diceva: “Il bambino lo abbiamo noi e tuo figlio non deve fare tragedie”.

Per tutto il 1994 il bambino venne spostato in diverse prigioni, soprattutto masserie o edifici disabitati, del trapanese e dell’agrigentino. Nel 1995 fu trasferito in un casolare-bunker nelle campagne di San Giuseppe Jato, in un vano sotto il pavimento. Vi rimase per 180 giorni, fino alla sua uccisione.

Giuseppe ucciso dopo 2 anni di prigionia

Nonostante l’angoscia per il figlio, Santino Di Matteo dopo un primo cedimento non si piegò al ricatto. Fece un tentativo di cercarlo da solo, che però andò a vuoto. Decide comunque di proseguire la propria collaborazione con la giustizia. Quando Brusca fu condannato all’ergastolo, si decise di attuare la spietata vendetta sul bambino. Brusca ordinò l’uccisione del piccolo Giuseppe, ormai debilitato dalla prolungata reclusione. Giuseppe venne prima strangolato e poi sciolto nell’acido l’11 gennaio 1996, dopo oltre due anni di prigionia. Aveva meno di quindici anni.

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Il racconto agghiacciante di Vincenzo Chiodo

E’ stato Vincenzo Chiodo, esecutore materiale dell’omicidio di Giuseppe Di Matteo, a rivelare i dettagli della morte del bambino. “Nel momento della aggressione che io ho buttato il bambino giù e Monticciolo si stava avviando per tenere le gambe, gli dice “mi dispiace”, rivolto al bambino, “tuo papà ha fatto il cornuto”.

…Il bambino non ha capito niente, perché non se l’aspettava, non si aspettava niente e poi il bambino ormai non era.. come voglio dire, non aveva la reazione più di un bambino, sembrava molle, … anche se non ci mancava mangiare, non ci mancava niente, ma sicuramente.. non lo so, mancanza di libertà; il bambino diciamo era molto molle, era tenero, sembrava fatto di burro…; cioè questo, il bambino penso che non ha capito niente, neanche lui ha capito; dice: sto morendo, penso non l’abbia neanche capito. Il bambino ha fatto solo uno sbalzo di reazione, uno solo e lento, ha fatto solo quello e poi non si è mosso più, solo gli occhi, cioè girava gli occhi …”

I particolari più macabri rivelati da Vincenzo Chiodo sono strazianti e ci asteniamo dal riportarli, limitandoci a rimandare alle testate giornalistiche che hanno affrontato l’argomento.

Da parte nostra, un’amara constatazione ci permettiamo di farla.

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Il piccolo Giuseppe non ha avuto una morte dignitosa.

E non aveva commesso alcun delitto.

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